Angelo Accardi

Angelo Accardi (Sapri, 1964) è un artista colto e introspettivo che gioca con la storia dell’arte e con gli ambienti, paesaggi urbani e interni, in cui si svolge la vita dell’uomo. I suoi quadri sono delle potenti sovversioni, o mix and match, spazio-temporali, in grado di colpire l’emotività dello spettatore, facendolo riflettere. Anche solo nel tentativo di trovare il bandolo della matassa. Nelle sue tele, infatti, accade che una splendida piazza italiana, deserta solo come quelle di De Chirico, sia invasa da un aereo caduto dal cielo o da una nave strappata dal mare. Scene che potrebbero tranquillamente provenire da un americanissimo film catastrofico.

Oppure succede che, eleganti salotti di una qualsiasi appartamento borghese, costellati da opere dei grandi artisti come Keith Haring, Klimt, Magritte e Leonardo da Vinci, siano abitati non dalle signore bene, in parure di perle, che ci si aspetterebbe di trovare ma da colorati struzzi. Struzzi diventano la metafora delle paure e della solitudine dell’uomo

In alcuni lavori, animali ed esseri umani condividono gli stessi sontuosi saloni anche se, e la cosa si fa ancora più angosciante, gli umani o dormono o sembrano delle allucinazioni. Dei miraggi prodotti da una mente confusa.

Questo stravolgimento, logico, spaziale, temporale, cattura immediatamente lo spettatore e gli lascia un senso di sana inquietudine.

Lo cattura perché, recuperando il valore profondo dell’arte, lo costringe a riflettere per cogliere il significato dell’opera I quadri di Angelo Accardi, non si possono guardare en passant, o giusto per un selfie. Richiedono tempo e attenzione, ovviamente ben ripagati.

Lo inquieta perché, di fatto, le tele di questo artista in continua ascesa, ritraggono le nostre paure. Gli struzzi appunto, ma anche i rinoceronti, i maiali, i personaggi dei Simpson o gli aerei e le navi catapultati nei nostri luoghi, rappresentano ciò che minaccia il genere umano. Accardi, come un bravissimo psicoterapeuta, va a stanare le paure dell’uomo contemporaneo e le materializza nei suoi quadri. Ce le mette davanti agli occhi costringendoci, ex abrupto, ad affrontarle.

Con quotazioni che raddoppiano, e non è un’iperbole, di anno in anno, presenza nelle Gallerie più importanti di tutto il mondo e alle Fiere più prestigiose (esempio la 54esima Biennale di Venezia), Angelo Accardi è riuscito nell’intento di recuperare la vera funzione dell’arte: far riflettere e coinvolgere emotivamente il suo pubblico.

Non per niente i suoi maestri sono Giacometti e Francis Bacon, artisti che influenzano le sue prime esperienze, prettamente figurative.

Lo stile maturo arriva più tardi. Dopo avere iniziato, ed abbandonato, l’Accademia delle Belle Arti di Napoli con una conseguente crisi che lo porta a buttarsi nell’astrattismo, negli anni 90’ approda allo studio sociale dell’uomo. Da qui, come uno dei suoi aerei, è decollato.

Tecnicamente, le sue opere nascono da un lavoro ragionato, lungo e complesso. La prima fase, un bozzetto, è un procedimento fotografico. Uno scatto, vero, viene modificato con Photoshop e popolato da animali, appunto, o navi e aerei. Quindi, Angelo Accardi, dipinge direttamente sulla tela, replicando fedelmente il bozzetto come fanno i pittori iperrealisti. La terza fase, quella più libera e spontanea, è il momento in cui l’artista improvvisa, modificando la tela guidato da libera ispirazione, fino a quando non è soddisfatto. Spesso, tra un intervento e l’altro, lascia passare giorni, si allontana e rientra nell’opera, con il giusto spirito critico per gli ultimi ritocchi. Il passaggio finale prima di consegnare le sue opere al mondo e alla psiche degli spettatori. La sovrapposizione di colori di diversa natura, dagli oli agli inchiostri, un po’ come nei maestri Fiamminghi, crea la profondità dei personaggi che sembrano emergere, quasi come se fossero in rilievo, dallo sfondo.

Inutile dire che, Angelo Accardi sia un artista da comprare oggi. Domani i prezzi potrebbero essere già molto più alti e, soprattutto, non è detto che l’opera sia ancora disponibile. Visto che vanno, a ruba, con la stessa velocità con cui un jet impazzito piomba nel cuore (fortunatamente immaginario) di un’elegante piazza italica.

Le opere dell'artista