FABIO INVERNI

FABIO INVERNI

Fabio Inverni, l’artista sensibile che riproduce e impacchetta i grandi classici per raccontare, ed esorcizzare, la precarietà dell’arte e dell’essere umano.

Fabio Inverni, classe 1968, è un artista toscano delicato e sensibile, intimamente legato a una visione classica, e nobile, dell’arte. Per lui dipingere significa creare, fare qualcosa con le proprie mani e, possibilmente, farlo bene in nome del bello, dell’eleganza e del buon gusto.

Contrario all’utilizzo di qualsiasi tecnologia, Fabio Inverni, è famoso per i suoi soggetti classici, La ragazza con l’orecchino di Perla, la Dama con l’Ermellino piuttosto che Bacchino Malato, copiati fedelmente e poi impacchettati da pezzi di cartone e di carta dall’aspetto molto usurato che grazie a un uso iperrealista del pennello, sembrano veri.

In alcuni lavori, addirittura, la carta diventa l’unica protagonista ed è solo il titolo a farci capire che, sotto di essa, ci sia (o ci potrebbe essere) un capolavoro, volutamente nascosto, nel tentativo di preservarlo e difenderlo dall’incuria, più mentale che fisica, dei giorni nostri.

Per l’artista il passato è molto importante e non solo da un punto di vista artistico ed estetico. Il passato ha, prima di tutto, il profumo dei ricordi, della spensieratezza dell’infanzia, una condizione salvifica universale. Visceralmente malinconico, e ossessionato dalla precarietà dell’essere umano, Fabio Inverni ricrea carte rovinate, strappate e consumate per rappresentare la fragilità del mondo e dei suoi abitanti.

Molti critici lo paragonano a Pascoli, al dramma per la tragica morte del padre e alla rassegnata malinconia dei suoi versi. Così come il poeta, infatti, Fabio Inverni ha perso prematuramente il padre Francesco, pittore e maestro di disegno che, per l’artista, è stato un mentore nonché la prima guida nel mondo dell’arte.

Proprio la morte del padre, avvenuta nel 1991, è la molla che lo spinge ad abbandonare la carriera di designer tessile per dedicarsi esclusivamente alla pittura. Ne nascono le prime serie, dominate da nature morte, dagli scorci dell’infanzia e da fotografie appese sopra frigoriferi anni ’60, pescate dal baule dei ricordi e riprodotte magistralmente in una luce crepuscolare, quasi sbiadita, molto malinconica. Ai tempi, Fabio Inverni, utilizzava l’arte per veicolare il proprio dolore personale, come in una sorta di diario segreto.

Poi c’è stata l’esperienza americana che, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, l’ha visto conquistarsi un grande successo negli Stati Uniti, dove è stato, ed è tuttora, riconosciuto come uno dei più grandi artisti viventi.

Al rientro nella sua adorata Poggio Caiano, delizioso borgo costellato da casali immersi nelle dorate colline attorno a Firenze, Fabio Inverni ha cambiato rotta, elevando il proprio dramma da personale a universale e indirizzando il messaggio delle sue opere all’umanità intera.

Gli scorci della sua cameretta e i luoghi della sua gioventù sono stati sostituiti dai volti più famosi dell’arte avvolti dagli, oggi ugualmente famosi, cartoni. I suoi dipinti ci invitano a non perdere di vista il bello, il buon gusto e i canoni che, da sempre, hanno ispirato i grandi artisti.

Il gesto, e il simbolismo, di avvolgere nella carta i grandi capolavori è paragonabile ai monumenti impacchettati dell’indimenticabile Christo. Nascondere, o in questo caso coprire parzialmente, i capisaldi dell’arte serve a farci capire il loro valore e la loro precarietà resa ancora più fragile dalle nuove forme di arte digitale che diseducano gli spettatori e sviliscono il ruolo dell’artista.

Infaticabile creatore, Fabio Inverni fa tutto a mano anche quando, nei ritratti impacchettati, basterebbe stampare il soggetto originale e poi lavorarci sopra. Lo scotch, avidamente strappato dal curioso destinatario del pacco, è raffigurato in tutte le sue pieghe e i suoi strappi. Stessa cosa per i pezzi dei cartoni riprodotti così minuziosamente da essere in grado di raccontare le condizioni del proprio viaggio: l’esposizione al sole, alla pioggia o alle mani di un corriere un po’ troppo energico.

Questioni ordinarie per gli habitué dello shopping online ma che, nella visione di questo artista sensibile, e malinconico, diventano la metafora dei segni del tempo, dei colpi e degli imprevisti che la vita riserva all’uomo. L’umanità e fragile, esposta e shakerata come un pacco di cartone Amazon. L’unico appiglio possibile è quello fornito dall’arte, almeno quella con la A maiuscola, concepita come una dimensione salvifica e di speranza per l’umanità, un luogo dove i ricordi felici, successi e traguardi individuali, e personali, sono sublimati, universalmente, in nome di ciò che è bello, fatto con amore e con grazia. E poi, impacchettato con cura.